Nel 2015, Justin Trudeau ha assunto la più alta carica politica in Canada e ha estromesso i conservatori dal potere. Per il Canada stava nascendo una nuova era, liberale e ottimista, e si apriva con una promessa: quella della legalizzazione della cannabis, con cui il Quebecer aveva fatto una campagna.
Promessa di un investimento sicuro
Il paese poteva guardare dalla parte del suo vicino americano, dove l’erba si era trasformata in una manna miracolosa. Le prospettive erano folli: si stava creando da zero una nuova industria che presto sarebbe diventata miliardaria, le start-up stavano nascendo come funghi, sarebbero stati creati migliaia di posti di lavoro. Per gli investitori, questa è stata l’occasione della vita: un investimento sicuro e una crescita quasi garantita.
Errori di calcolo e false promesse
Nel 2021, questa promettente industria della legalizzazione si è rivelata un castello di carte che è crollato in un terribile incidente. Un dato in particolare colpisce l’immaginazione, anche le fantasie: producendo molta più cannabis di quanta ne consumi, il Canada si è seduto alla fine del 2020 su 1,1 miliardi di grammi di un prodotto che molti sognano, ma che è considerato invendibile dalle aziende che ne fanno il loro business. Dal 2018 sono stati distrutti quasi 450 milioni di grammi della preziosa pianta. Solo il 20% della produzione è stato venduto dalla legalizzazione: c’è qualcosa di marcio nel regno del THC.
Si tratta di perdite cumulative per l’intera industria di 10 miliardi di dollari canadesi, che sono andate in fumo piuttosto esilaranti. Quando le start-up di erba hanno iniziato ad attirare fondi, nel 2015 e non appena Justin Trudeau è stato eletto, hanno basato le loro promesse su una misura vaga, la “capacità finanziata”, o il volume di cannabis che potevano produrre sulla terra che occupavano.